"CANI DA SEGUITA"
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Dalle mie esperienze di caccia al cinghiale, maturata nella squadra che gestisco con mio padre Osvaldo nelle nostre vallate Grana e Maira, in provincia di Cuneo, ho da lamentare (per la felicità degli “amici di Bambi”), la notevole crescita del capriolo, al punto che ora come ora la specie è, forse, più numerosa e presente sul territorio di quanto non lo sia lo stesso suide. Cercando di prendere con filosofia una tale situazione vado pertanto ripetendomi (quasi a volermene convincere), che la dannazione che ci fa vivere questo piccolo ungulato portandosi dietro, in seguita, i cani, ha altresì l’inconsapevole facoltà di “salvare” i cinghiali presenti in quella stessa zona; i quali, infatti, hanno così l’opportunità di andarsene. Spero, ovviamente, non a farsi abbattere da una squadra concorrente ..
Stante la premessa di cui sopra, ritengo appaia chiaro ai più come, a seguito della situazione descritta, sia oltremodo indispensabile cercare di specializzare i nostri segugi a perseguire solamente l’usta del cinghiale. Ma, naturalmente, ciò non è per nulla facile e anzi, molte volte, all’apertura di una nuova stagione venatoria risulta quasi impossibile, specie per i soggetti più giovani, astenersi dal compiere una bella “sfuriata” sulla seguita del capriolo.
E questo accade anche perché il terreno, reso duro dalla siccità estiva, non consente al canettiere di dedurre con assoI uta certezza a quale selvatico appartengono le orme che vi si trovano impresse … e i caprioli, purtroppo, praticano gli stessi trotto i dei cinghiali. E’ chiaro, quindi, che addestrare il segugio e “specializzarlo” a perseguire un solo selvatico non è poi così facile per qualunque cacciatore segugista. Ed è proprio per questo che sia io che mio padre Osvaldo, fermamente convinti in ciò dalla nostra esperienza di allevatori e di cacciatori, diciamo onestamente che il segugio “perfetto” deve ancora nascere. Ma, ciò nonostante, non rinunciamo certo a perseguirlo anzi … quello a cui abbiamo ritenuto di poter tranquillamente rinunciare, infatti, è invece l’avvalerci di quei congegni elettronici che, pur se indubbiamente e in certi casi ci consentirebbero di semplificare l’addestramento del segugio per contro, con il loro utilizzo, non ci permetterebbero, di verificare le effettive qualità naturali di quei soggetti che intendiamo poi utilizzare in riproduzione. Del resto, riteniamo anche che la base per ridurre il desiderio d’inseguire il capriolo da parte del segugio sia, prima di tutto, il selezionare una corrente di sangue di lavoro (meglio ancora un ceppo di correnti), che abbia insito nel proprio DNA una passione fortissima per il cinghiale (oppure la lepre, a seconda del selvatico sul quale si desidera poi utilizzare il cane). Inoltre, oltre a questa base sicuramente indispensabile, risulta poi almeno altrettanto fondamentale l’addestramento del giovane soggetto, sul terreno di caccia, da parte del suo proprietario/conduttore.
E qui occorre premettere che, per ottenere dei buoni risultati nell’addestramento del proprio segugio, qualunque cacciatore segugista dovrà avere tanta pazienza ed essere animato da una forte passione. E questo risulta ancora più vero allorché si dovrà insegnare al giovane soggetto che non potrà limitarsi ad inseguire ogni usta utile che incrocerà durante la fase di cerca, ma dovrà perseguire unicamente un ben specifico animale. Per riuscirvi bisognerà, innanzitutto, portare il giovane allievo in una zona ricca del selvatico su cui intendiamo specializzarlo in maniera che il suo incontro con l’animale prescelto risulti più facile.
Per il cinghiale, mio padre e io, consigliamo di mettere il segugio da specializzare al guinzaglio lungo e di tracciare gli animali avvalendosi di un soggetto già esperto, meglio se un capo muta, che ci indirizzerà nell’accostamento del selvatico. Quindi, allorché il cane maturo segnala la vicinanza dei cinghiali si sciolga il giovane segugio che, certamente, si dimostrerà smanioso di lavorare e si unirà a quello per aiutarlo nello scovo. Ora, poiché il segugio, per conciliare l’esperienza dello scovo con la cattura del selvatico ha bisogno di vedere concludere con l’abbattimento la sua azione, bisognerà fare di tutto per riuscire a fermare l’animale che sta inseguendo. Così, tanti più saranno i cinghiali (e sempre solo quelli), abbattuti sulle seguite eseguite dal nostro allievo, tanto più bravo e specializzato egli diventerà.
Da ultimo permettetemi una considerazione: anni fa non era più facile di adesso, ma sicuramente, al giorno d’oggi, le difficoltà per specializzare un segugio a perseguire solamente il cinghiale sono di molto aumentate e questo, manco a dirlo, proprio a causa dell’imponente presenza del capriolo.
D. – A suo parere, vi è una dote che oggi non viene tenuta nella dovuta considerazione da parte degli “addetti ai lavori”?
R. Chi possiede, e quindi conosce davvero il Vandeano, o lo ha semplicemente visto lavorare, non può certo dirne ma le. Pertanto, nel rispondere a questa domanda, più che gli “addetti ai lavori”, mi vengono in mente le richieste di certi segugisti che m’interpellano perché interessati al Briquet Griffon Vendéen, ma che si dicono preoccupati dalla presunta testardaggine di questi segugi che, secondo loro, non rientrerebbero. Ebbene a questo dire mi viene, in sincera umiltà, da sorridere poiché i punti di vista sono esattamente opposti. A cacc ia, infatti, vi è chi è abituato ai piccoli cani (magari frutto d’incroci di vario genere), che se vedono il selvatico lo abbaiano, magari anche a fermo, ma poi desistono dalla seguita e non fanno la traccia allo scovo;
tuttavia il cacciatore sa sempre dove sono e non I i perdono mai. Allo stesso modo vorrebbero, quindi, il Vandeano che non sia “lungo” nella seguita
Orbene, a questi signori io ribatto che, se i I cane riesce u n buon segugio da c i nghiaie, deve essere in grado sull’accostamento della pastura di abbaiare il filo della traccia fino al covo del selvatico, per poi mettersi al fermo e quindi partire sulla seguita per spingerlo alle poste. Se poi, nella cacciata, si ha la sfortuna che l’animale inseguito ci deride sulle poste, perché “padellato” o perché non ci passa e le devia, il buon segugio non deve comunque abbandonare la seguita. E questo anche se finisce fuori zona e fa, magari, abbattere il selvatico ad un’altra squadra. Perché il segugio, che caccia con il cuore, non può certo sapere che sarebbe meglio fermarsi e tornare dal conduttore, al momento che lui fa solo il suo lavoro cercando di perseguire, al massimo delle sue possibilità, il suo obiettivo che è quello di vedere il cinghiale abbattuto.
In conclusione: se sulla seguita del Briquet Griffon Vendéen, ma in generale di qualunque altro segugio completo e bravo in tutte le fasi del suo lavoro, gli abbattiamo il selvatico che ha scovato, il cane si ferma su quell’animale e la battuta è, di fatto, finita. Ma nel caso che, oltre a quello abbattuto alle poste vi siano altri cinghiali che scollinano, il cane deve comunque continuare a seguire quelli vivi e toccherà a conduttori e postaioli, purtroppo, cercare d’impedire che questo accada. Altrimenti non rimane che aspettare, il vandeano, infatti, una volta esaurite le risorse dei propri polmoni e delle proprie zampe farà sicuro rientro dal conduttore, nella zona da dove è stato sciolto.
D. – E quali doti deve necessariamente possedere un “buon” segugio per essere tale veramente?
R. – Circa le doti di un “buon segugio”,oltre a quelle cui ho già ampiamente accennato nelle mie precedenti risposte, personalmente sono particolarmente esigente sul rientro. lo non sono uso utilizzare collari elettronici, sicuramente funzionali e molto comodi capaci come sono di localizzare il segugio nella zona dove può essere finito, e per questo pretendo dai miei cani il senso dell’orientamento che li faccia ritornare sui loro passi, sino al luogo della sciolta. Logicamente va tenuto conto che, se i I soggetto lavora mattino e pomeriggio e durante l’ultima cacciate scollina, non avrà più la forza materiale per essere pronto al rientro immediato nella stessa sera, ma tornerà, invece, per l’indomani allorché avrà recuperato le energie necessarie.
D. – Come giudica lo stato attuale della razza nel nostro Paese e, se fosse in suo potere farlo, vi è qualcosa che vorrebbe modificare nell’allevamento odierno di questi cani?
R. – Da sempre mio padre mi ha educato, e sicuramente me lo ha lasciato in eredità nel mio DNA, nella caparbietà di volermi sempre migliorare senza credere mai di essere “arrivato”. Pertanto sono fortemente convi nto d i dover sem pre limitarmi a guardare in casa mia. E guardando alla selezione dei nostri soggetti posso quindi affermare, pur sempre in umiltà, di ritenermi moderatamente soddisfatto dei risultati raggiunti dai nostri Briquet Griffon Vendéen, anche se certamente occorre continuare a lavorare sulla base dei risultati ottenuti sul terreno di caccia.
D. – Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare?
R. – Il Briquet Griffon Vendéen ha fortu natamente fatto riscontrare una buona diffusione: Si può sostenere, infatti, che un po’ in tutte le squadre di cinghialai ben organizzate, o perlomeno nella maggioranza di esse, sia presente almeno un soggetto di questa razza. E personalmente ritengo che questa sia la migliore “onda” che, consentendo la diffusione e la conoscenza delle proprie caratteristiche, una razza di segugi che possa avere allo scopo di farsi accreditare presso i cacciatori.
D. – Personalmente ritiene necessario partecipare ai raduni, alle prove di lavoro e alle esposizioni con i suoi soggetti?
R. – Purtroppo, a malincuore, noi come allevamento (per come seguiamo direttamente gli accoppiamenti, l’addestramento e tutto il lavoro connesso alla funzionalità dell’allevamento stesso), riusciamo poco a praticare queste manifestazioni. Anche se le considero decisamente importanti e gratificanti, per chi ama i segugi, come il giusto riconoscimento dei sacrifici, non solamente economici, e di tutto il prodigarsi che comporta il mettere a punto un soggetto preparato, sia per le prove di lavoro sia per le esposizion i. Pertanto siamo davvero onorati quando dei segugi nati e cresciuti dalla nostra selezione si rendono protagonisti, in mano a nostri clienti, di prove e manifestazioni che ne mettano in risalto le qualità che corrispondono, in senso meritevole, allo standard della razza, alla voce, al metodo di lavoro ecc.
D. – A suo giudizio in quale forma di caccia, e quindi su quale selvatico, trova che i soggetti di questa razza siano portati ad eccellere?
R. – Senza dubbio il cinghiale è, per il Vandeano, un chiodo fisso nel suo DNA. Pertanto, personalmente. ritengo proprio che sia sicuramente questo il selvatico capace di esaltare appieno tutte le grandi qualità lavorative di cui è dotata questa razza di sègugi.
D. – Infine, a conclusione di questa nostra chiacchierata, quali consigli si sentirebbe di poter dare ad un ipotetico neofita che avesse deciso di avvalersi di un segugio della sua razza per soddisfare la propria passione venatoria?
R. – Allorché vi è un interessamento verso un soggetto francese di nostra selezione, magari da parte di un appassionato che non ha mai avuto esperienze con questo tipo di segugi, cerco innanzitutto di farmi ben spiegare le qualità che va ricercando nel suo segugio ideale, le sue abitudini di caccia, le caratteristiche del territorio sul quale pratica la propria attività venatoria e quelle dei cani di cui già dispone. Da queste indicazioni, solitamente, trovo la motivazione per indirizzarlo verso una razza piuttosto che su un’altra, convincendolo che, anche se inizialmente magari lo entusiasma meno, al fine delle sue esigenze proprio questa può esprimere al meglio le qualità che lui sta ricercando nel cane. Tuttavia, beninteso, stiamo altresì attenti a mettere da subito ben in chiaro che, pur fatte salve le caratteristiche morfologiche e di metodo di lavoro di una razza,
non bisogna certo illudersi che queste bastino da sole a determinare la sicura riuscita del segugio. Vale a dire cioè che perché un cucciolo possa diventare un giorno, da adulto, un buon segugio capace di scovare, di abbaiare a fermo, di effettuare una buona seguita e dotato di un pronto rientro, non basta certo che quel cane sia in possesso di indubbie qualità genetiche o doti naturali, ma è indispensabile, invece, che il suo addestramento sia opportunamente condotto con la giusta dose di pazienza, di dedizione e di impegno da parte del suo nuovo proprietario.
Allora e solo allora, tutti questi sacrifici verranno sicuramente ripagati dalla buona riuscita del giovane segugio che, sulla base delle esperienza che il suo conduttore sarà capace di fargli fare, saprà regalargli delle belle soddisfazioni nel suo lavoro sul terreno di caccia. Così come auguriamo a tutti gli appassionati segugisti, che come mio padre e me condividono la grande passione per questi can i meravigl iosi, d i poter vivere com pi Lltamente la natura che li circonda cacciando in compagnia di soggetti che siano davvero bravi e belli.
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”
Nella sua azione di accostamento, che precede lo scovo, ha la qualità dell’iniziativa e la perspicacia di risolvere i falli della lepre o d’infilare, in modo smaliziato, l’uscita dal maneggio sul cinghiale. Grazie al loro olfatto, davvero fine, i soggetti di questa razza sono quindi più veloci (a parità di condizioni climatiche), nello scovare. Ed è allo scovo poi, allorché parte la seguita, che emerge tutta la forza dell’Anglo Francais capace di inseguire il selvatico in piedi mantenendone la distanza in termini molto minori rispetto alle altre razze francesi con voce potente e melodiosa che si fa ben sentire, sempre alla francese, ma non ululata. La sua velocità, che nella seguita gli permette di pressare il selvatico, ne esalta altresì il metodo di lavoro consentendogli, a favore di vento, di percepire l’emanazione dell’animale inseguito a testa alta e potendo tagliare la strada tracciata dal fuggitivo in diagonale (e per
questo accade, anche frequentemente, che i postaioli che hanno visto passare nei loro pressi un cinghiale senza riuscire a fermarlo, vedendo arrivare gli Anglo Francais e notando che questi cani non passano esattamente sulle peste del selvatico, sono portati a pensare che i segugi siano sulle tracce di un altro animale quando, in realtà non è affatto così). Questo metodo consente all’Anglo Francais di cadere raramente in fallo poiché, pressato da vicino, il selvatico, lepre o cinghiale che sia, non riesce a ragionare e quindi a mettere in atto le sue astuzie; ed a questo, inoltre, va aggiunto che grazie alla sua infaticabile vitalità è capace di portare una seguita di ore.
Cane da cinghiale per eccellenza, il vandeano gode di una popolarità senza macchia, sostenuta da una diffusione conseguentemente importante.Il briquet griffon è la Vandea non ha più bisogno di raccomandazioni, visto l’importante posto che occupa nella famiglia dei grifoni francesi; è molto popolare e tutti lo chiamano semplicemente Vandeano. Da diversi lo s’incontra in quasi tutte le regioni, a fianco di cacciatore di cinghiale che praticano la caccia collettiva e conviviale Bisogna voler riconoscere che la sua temibile efficacia contribuisce in modo determinante alla reputazione di cui gode. Grifone di antiche origini, non è solo e rappresentante di taglia media della specie, a metà strada fra il grande grifone, suo patriarca, e i bassotti, costituisce al contrario una razza a se con una propria identità, sia per quanto concerne il fisico che per quanto riguarda le sue attitudini per la caccia. Secondo l’opera “i segugi francesi nel XIX secolo” opera del conte Coulteulx de Canteleu, pubblicato nel 1873, diverse regioni, fra cui la Vandea, possedevano “alcune varietà di briquet successivamente migliorate, provenienti in genere dai cani d’ordine di questo paese”. In generale i briquet sono in origine cani mezzo sangue nati da cagne incrociate con cani da muta. Si ottiene così un cane che prende dal padre la tipologia euna buona attitudine, e dalla madre l’allattamento al territorio e alle necessità locali.
Un briquet di pura razza: un vero paradosso
La storia del briquet si modifica successivamente in maniera molto rapida nel corso del ventesimo secolo. Prima della guerra del 1518, il conte d’Elvas aveva già selezionato una muta di briquet della Vandea con i quali forzava le lepri.Ma sarà nel periodo fra le due guerre, e precisamente nel 1924, che l’interesse portato nei confronti di questi cani portò alla creazione del club del grifone della Vandea, nato dal primo antico Club del basset grifone di Vandea (1907) , sotto l’impulso di alcuni allevatori desiderosi di organizzare l’allevamento del briquet. È in quel periodo che la tipologia attuale fu definita e fissata. È interessante notare che causa della sua forte identità,il Vandeano e il solo cane da caccia di taglia media ad aver mantenuto ufficialmente la denominazione di briquet nella nomenclatura della Federazione Cinofila Internazionale. Quando esaminiamo umbri che è della Vandea vediamo immediatamente come controllori sia votato alla migliore efficacia. E non sarà certo il carattere a smentire questa impressione. Sul piano pratico si tratta di un segugio fuori dal comune, dotato di un viscerale amore per la caccia, il che lo spinge a volte fino all’insubordinazione. In compenso è dotato di uno spirito d’iniziativa e spesso ci è molto utile. Fornisce i migliori servigi agli appassionati della caccia con i segugi in cui scopo è quello di far correre i cinghiali. Un corridore al tempo stesso appassionato ed equilibrato
Fedele alla reputazione di cui godono sia i bassotti dei grifoni si tratta di un ottimo cane per le battute, e non si addormenterà mai durante le azioni. Con lui non si hanno tempi morti. Si mostra altrettanto prezioso nel sottobosco e fra i roveti e non disdegna tuffarsi in acqua se deve stanare un solengo da uno stagno .Coraggioso, tenace alla ferma,è tuttavia uno specialista che gli inseguimenti accesi. È comunque in grado di scovare, grazie al rifiuto che non hanno nulla da invidiare agli altri cani da traccia della sua categoria. Bisogna pure aggiungere che la gran parte degli attuali esemplari è dotata di una buona voce. Si deve tuttavia riconoscere che se da un lato abbiamo molte qualità positive, esistono alcuni inconvenienti inerenti ai suoi meriti. Cacciatore indiavolato, diventa difficile da educare, sebbene sempre più gente ci riesca. Si ritiene inoltre che si tratti di un cane indisciplinato conto tuttavia si incontrano un po’ dappertutto mute di briquet abbastanza disciplinate per essere guidate correttamente durante le azioni di caccia. Non dobbiamo inoltre confonderlo con un cane d’ordine, visto che è stato selezionato per compiti molto differenti. Si tratta innanzitutto anche un cane da traccia generosa, polivalente, un po’ indipendente certo, ma che non vi rimarrà mai fra i piedi. Segni particolariNato come cane rustico e robusto dal pelo lungo, è piuttosto compatto e ben proporzionato con un appartamento è un’andatura distinti. Di corporatura ragionevole compresa tra 48 e i 53cm per le femmine, e i 50 55cm per i maschi. Abbastanza muscoloso, appoggia su membra anteriori forti è briquet. Le sue reni sono diritte, muscolose è ben sostenute con un dorso corto e solido. La testa è piuttosto corta, senza per questo essere massiccia, e il suo cranio è leggermente bombato. Le sopracciglia pronunciate lo ricoprono tuttavia gli occhi di colore scuro, grandi e vivaci, che gli conferiscono un aspetto recettivo. Le orecchie non sono troppo lunghe e raggiungono appena la mascella; sono strette, fini e soffici con l’attaccatura che parte da sotto la linea dell’occhio. Sono ricoperte di molto bello e terminano a punta. Una coda ha relativamente corta, portata elegantemente sciabola abbellisce il suo aspetto di cane deciso . Il bello a volte un po’ lungo e ispida, sempre ruvido al tatto, con un ricco sottopelo. La livrea chiara spesso si colora di bianco e di arancione, ma se ne incontrano pure di tricolori, bianchi e neri, neri e fulvi e ovviamente color cinghiale Articolo tratto da “La caccia al Cinghiale” n°17 Gennaio-Febbraio 2004
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Il Parere degli utilizzatoriParlo volentieri del vandeano, una razza che mi sta molto a cuore nella nostra sezione. È un cane di taglia media e colori ben distinti: i lavori di nella nostra selezione abbiamo scelto lo standard, quindi taglia media tra 0,50 e 0,55 al garrese. È collegato e di buon rientro, qualità molto importante per un segugio da seguita. Noi lo abbiamo scelto è selezionato unicamente per la caccia al cinghiale, ma non disdegna nemmeno la lepre. Se fosse un fuggire lo classificherei nei pesi massimi, i suoi punti di forza sono il gran carattere e il coraggio, pressoché fondamentali della caccia al cinghiale. Non è eccessivamente veloce ed è molto legato al filo della traccia lasciata dall’animale. È dotato di ottimo olfatto , da dove incontra la caccia inizia a dare voce, portandosi allo scovo e sul fermo con voce ululata. Il suo difetto più grande può essere il pelo che essendo ruvido e lungo richiede molta cura . d’estate può essere opportuno tosarlo , ma in inverno il manto gli garantisce isolamento e protezione. |
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In possesso di tutti i comportamenti tipici degli altri segugi e dotati di un coraggio eccezionale, i cani di questa razza stanno ottenendo consensi sempre più numerosi tra i cinghialai nostrani, che li impiegano con ottimi risultati nella caccia al suide. | |||
La passione venatoria, per chi ha il piacere di poterla soddisfare praticandola in compagnia di cani abili e in tipo,è ineguagliabile per emozioni, entusiasmi e ricchezza di soddisfazioni. E la soddisfazione maggiore nostra e di tutti i colleghi segugisti è quella che ci ‘è data dall’ascoltare il coro della muta dei cani che stanno lavorando per noi. |
Gianluca Lerda con Vespa, eccezionale fattrice e abilissima sulla lepre | ||
Il porcelaine è tra i suoi avi |
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Con l’inizio degli anni sessanta è cominciata la ricerca di qualcosa di più e di diverso, sostenuta dalla volontà di imprimere ai cani una maggiore vitalità e potenza fisica, pur mantenendo intatte le qualità olfattive delle razze sopra citate. Pertanto, l’attenzione dei selezionatori di quel tempo si concentrò non molto lontano da casa loro. L’Inghilterra, infatti, vantava da secoli dei segugi dal grande vigore fisico e atletico, ed ecco allora che il beagle e l’harrier furono subito prescelti a questo scopo. Nella loro opera di selezione, gli allevatori francesi preferirono avvalersi del più antico e ha apprezzato segugio francese:il porcelaine (pressoché scomparso durante la rivoluzione francese,quest’antico cane fu “ricostruito” nel 1845 grazie all’aiuto di alcuni allevatori svizzeri).Da questi incroci nacque l’anglo-français de petit vènerie. |
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Ancora Gianluca Lerda con Dominò re produttore di quattro anni, ottimo sia sulla lepre, sia sul cinghiale(Allevamento dei lupi del Grana,Caraglio – | |||
Fino gli anni ’80, alcuni selezionatori crearono con il poitevin una taglia più grande, da non confondere con il petit,che diede origine ai Grand Anglo che misuravano oltre i 55/58 cm; cani veloci ma con uno spirito di battuta e di ricerca del selvatico che portava a perdere il metodo logico dello scovo e il collegamento con il canettiere. La selezione avvenuta con la trasmissione del sangue del porcelaine, invece, è all’origine della taglia petit,quella che oscilla tra i 48 e i 52 centimetri, con un peso variante tra il 15 e i venti chilogrammi. I soggetti di questa razza hanno occhi nocciola scuro, orecchie ricadenti e non troppo lunga, coda portata fieramente a falce, pelo liscio, mantello di norma nei tre colori bianco, nero e arancio (ma sono ammessi anche esemplari di colore bianco-nero e bianco-arancio), e possiedono un carattere furbo, coraggioso, instancabile e ubbidiente. |
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Elegante, veloce e dotato di ottimo olfatto |
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Il petit anglo-français è un segugio veloce, che possiede ottimo olfatto, attivo ed elegante nel movimento, dotato di un abbaio melodioso. In un primo momento venne utilizzato (e molto apprezzato) nella caccia su ogni terreno alla piccola selvaggina: lepri e conigli. Poi, grazie alla sua eccezionale intelligenza venatoria, iniziò a riscuotere una considerazione sempre crescente trae cacciatori francesi che lo addestrarono anche per la caccia agli ungulati in genere.Questo piccolo grande cane si distinse in particolare sul cinghiale selvatico sul quale diede subito dei risultati davvero eccezionali. Infatti, il suo odorato finissimo e la sua grande velocità gli consentono di andare allo scovo del selvatico molto più velocemente, senza mai perdere il filo della traccia. Quando il petit ha scovato, non dà mai tregua all’animale cacciato standogli vicino nella corsa, in modo particolare si fa apprezzare quando il cinghiale si ferma, poiché in quel frangente il nostro segugio è molto scaltro: gli gira intorno standogli circa a otto/dieci metri e continuando ad abbaiare. Molto difficilmente, pertanto, un cinghiale, anche grosso, riesce a ferirlo mortalmente, perché l’anglo-français elude le sue cariche sfruttando la grande velocità e scappando via di qualche metro. E anche se impegnato in tale compito, questo cane eccezionale non smette mai di abbaiare e di segnalare al cacciatore la posizione del selvatico |
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Osvaldo Lerda (allevamento “Lupi del Grana”) insieme a Falco (quattro anni) capo – muta su lepre e cinghiale | |||
Gianluca Lerda (allevamento “Lupi del Grana”) con Dik (tre anni),ottimo lepraiolo e promettente anche sul cinghiale | |||
Bateur ,segugio anglo-francese tra i migliori riproduttori dell’allevamento “Lupi del Grana”
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In Italia è ancora poco allevato |
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Ultimamente in Italia si riscontra un certo interesse per questi cani. Nonostante ciò, sono ancora pochi gli allevatori che si occupano della razza. Gianluca e Osvaldo Lerda si dedicano dal 1985 alla selezione dell’anglo-français avvalendosi del ceppo di sangue di Batù e Alpina, rispettivamente maschio tricolore e femmina bianco-arancio,validissimi sia sulla lepre, sia sul cinghiale. |
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Osvaldo Lerda in compagnia di uno dei suoi briquet griffon venéen (allevamento “Lupi del Grana”, Caraglio (CN) | |||
Cane equilibrato e solidamente costruito, senza essere pesante,l’anglo-français visto di profilo presenta una silhouette che, esaltandone la distinzione morfologica, lo identifica senza alcun dubbio tra le razze da seguita francesi. Cosa che non mancherà di aiutarlo a entrare nelle simpatie di tutti veri cacciatori cinofili che, pur avendo presente come la sostanza sia fondamentale in un cane da caccia, sanno benissimo che anche l’occhio vuole la sua parte e,a parità di risultati, cacciare con un bel cane è sicuramente preferibile che accontentarsi di un “mostriciattolo” qualsiasi. |
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Club dell’anglo-français de petit vèneriè |
Elegante nella sua veste bianca, l’ariégeois seduce a prima vista. Ma sono le sue qualità di naso e di gola e le sue abilità nelle situazioni più difficili che lo fanno apprezzare dai cacciatori.
La denominazione di questo segugio tipicamente francese rimanda subito alle origini. Si tratta infatti di ogni incrocio tra selezionati briquet dell’Ariegeois con stalloni Ganscon e Ganscons Saintongeois appartenenti alle mute locali, com’è stato efficacemente descritta da Pierre Megnien nella sua opera “Le chien et ses races” , edito nel lontano 1899. All’inizio del XX secolo, il conte Elia de Vezin lo definiva una volta come un mezzo sangue…. Questo celebre cacciatore divenne tuttavia un accanito promotore di questa specie. Proseguì la linea di sangue ganscon e saintongeois , cara ai puristi, incrociandola con il sangue lo spirito briquet, ai quali gli utilizzatori locali erano ferocemente attaccati. Organizzò quindi una miglior selezione. Intrapresa la carriera di giudice in tutte le esposizioni cinofile nel Midi di Francia, arrivò a godere di una grande popolarità e autorevolezza. Senza dubbio per lui a far conoscere, sia pur nel limitato mondo degli appassionati, questa razza canina. Vale in cerca in questo periodo che nacque il club Gaston Phoebus al quale si deve l’organizzazione delle prime prove di caccia alla lepre nel 1910 e 1912. Poco a poco, i progressi della cinofilia si sono fatti sentire sull’ariégeois , che ha guadagnato molto sotto l’aspetto dell’omogeneità. Dopo la seconda guerra mondiale Paul Daubigné, giudice molto famoso all’epoca, si recò nella zona del Midi e dei Pirenei, per rendersi conto di cose era divenuto l’ariégeois e stilò questa conclusione:” l’esposizione di Saint-Girons gode della fama di essere il cantone più rinomato per il numero alla qualità dei suoi cani”.
Tuttavia nel 1975, quando il ministero dell’agricoltura francese impose le sue regole ai club di razza d’oltralpe, si constatò che era impossibile raggiungere la quota minima di nascita richiesta, 50 esemplari all’anno. Il club Gaston Phoebus così si fuse nel Club Chien du Gascogne e Gascon Saintongeois. La stessa cosa vieni oggi in Italia, dove l’ariégeois é affiliato al club italiano de Gascogne.
Un’efficacia mai smentita
Il fatto più singolare di questa razza è che il suo processo di allenamento e di selezione è avvenuto quasi al livello confidenziale. Tenuto conto delle sue origini da mezzo sangue, nel corso di un secolo le sue caratteristiche hanno subito diverse variazioni, della taglia, nel volume ed anche nell’aspetto generale. Fatto inevitabile, tenuto conto delle diverse linee di sangue che ne hanno dato origine. Si narra addirittura che in passato si siano visti dei fratelli concorrere nelle esposizioni in razze differenti: Ariégeois e Petit Gascon Saintongeois!.
Ma ciò ormai è un patto conosciuto. L’essenziale è che l’Ariégeois abbia conservato nel tempo le sue grandi qualità da cacciatore. Infatti, dietro al fisico seducente che lo contraddistingue, si nasconde un gran lavoratore dall’altro particolarmente il vino, che senza dubbio è la sua qualità principale. Spesso il suo eccezionale olfatto gli permette di trovare la caccia dove altri si sono arresi. Questa grande sensibilità gli offre anche i mezzi per non indugiare sulla traccia, di mantenere un’andatura regolare. Inoltre sopporta bene le avversità climatiche ed è caratterizzato da una certa regolarità ed un buon ritmo di caccia.
Uno specialista
L’Ariégeois stupisce soprattutto per la sua saggia prudenza è la regolarità nella caccia. La sua taglia media nella sua leggerezza lo rendono un ausiliario preciso, dinamico, intraprendente sia da solo che in muta, capace di districarsi con facilità anche i terreni particolarmente difficili. Inutile dire che un esperto nella ripresa (soluzione dei falli) è nella conduzione di una muta. È un segugio ben applicato e volenteroso, un ottimo scovatore, dotato di molta iniziativa e regolarità. Senza forzare eccessivamente, caccia in maniera metodica, spedito sempre ben ammutato. Non a caso in Francia si dice che una muta di questi cani è in grado di cacciare su un fazzoletto. Molto bello dal punto di vista estetico, è spettacolare caccia, quando segue l’animale al collo teso in testa dritta mezza altezza,con scagni flautati dal timbro chiaro che sono un’altra delle sue caratteristiche. Gran urlatore, emette degli scagni prolungati è molto sonori che oltre far godere dei proprietari possono essere sentiti anche a grande distanza. Dotato di un ottimo carattere, è un segugio dolce ed equilibrato, facile da gestire facilmente addestrabile. Se vive a fianco del padrone, come avveniva nelle cascine del Midi di Francia, si mostra molto affettuoso, quasi sottomesso. E inoltre un segugio precoce, anche se per la caccia al cinghiale è opportuno attendere l’età adulta. Adatto ad essere impiegato in mute numerose, si presta bene anche adoperare da solo o in coppia.
Una razza alla conquista dell’Italia
L’ariégeois è uno dei segugi di razza francese più diffusi nel nostro paese: adatto all’impiego su qualsiasi tipo di terreno, dalla landa pietrosa alle zone umide, dall’altura alla montagna, dal coltivo al bosco, ha un carattere molto perseverante e tenace che ha conquistato molti cacciatori nostrani. Nel paese d’origine,l’Haute Ariége , viene impiegato nella caccia di montagna fino a quota destinata nei 2000 metri e il suo manto chiaro rappresenta un vantaggio perché consente di scorgerlo fino a grandi distanze.
Benche la sua preda prediletta è la lepre, viene impiegato con altrettanto profitto anche nella caccia al cinghiale. Tuttavia nella zona dei Pirenei gli viene preferito il suo cugino Bleu de Gascogne , dal manto delicato e dal carattere leggermente più aggressivo. Comunque sia ormai non è raro trovarli nei suoi terreni di caccia di tutta la penisola italiana, dove questo bel segugio ha trovato numerosi estimatori .
Christian Pujol
Segni particolari
L’Ariégeois è un segugio francese a pelo raso di taglia media, è elegante vigoroso. La sua altezza al garrese varia dai 52 al 53 centimetri per i maschi, da 50 a 56 per le femmine. Il cranio visto di fronte leggermente compatto e non troppo largo, con protuberanza occipitale poco marcata. La fronte è piena, le arcate sopraccigliari poco marcate. Il tartufo nero, le labbra leggere i fini, le palpebre tese che non fanno intravedere il rosso dell’occhio. Il dorso è ben muscoloso è sostenuto, il petto lungo e di media altezza, che scende fino al livello dei gomiti. Le membra sono ben proporzionate muscolose senza essere pesanti. Il pelo è corto fine e chiuso, di colore bianco a tacche nere con contorni ben delimitati con l’eventuale presenza di moschettature. Agli occhi e dalle labbra sono presenti anche leggere focature.
Articolo tratto da “La caccia al Cinghiale” n°6 Marzo-Aprile 2002
L’Ariégeois , nella nostra selezione di segugi francesi, ha sempre avuto molta attenzione. In passato non è stato semplice: non riuscivamo a trovare nemmeno in Francia dei soggetti come ci eravamo prefissati noi, sulla vera taglia Ariége, con un’altezza al garrese di 0,50 per le femmine e 5,52 per i maschi. Si tratta in questa casa di segugi slanciati, leggeri ma ben costruiti, con una certa eleganza che li contraddistingue dal più pesante Gascon Saintongeois.
È un cane da seguita a pelo raso, che lavora con metodo,dà voce alla pastura così pure nell’insegnamento. Possiede un fiuto molto fine, si comporta in modo retto e saggio, ha molta attitudine alla disciplina e al lavoro. Si adatta bene sia sui terreni di pianura che in montagna, è docile, possiede molto olfatto ed è di facile addestramento. Difficilmente per della traccia del selvatico che sta scovando, è in definitiva uno dei migliori segugi da lepre e da cinghiale dei nostri cugini francesi.
Dal 1994 siamo riusciti finalmente ad arrivare su una corrente che corrisponde requisiti da noi richiesti. Oltre all’aspetto morfologico contiamo su una selezione di grande carattere, senza paure né timidezze.Partimmo cos’è il femmine e due maschi di produttori e lavorammo molto sull’addestramento a lepre, da passare poi sul cinghiale. Fu sempre nel 1994 che vendemmoo tre femmine e due maschi al compianto Gabriello Santori, che fece brillare quei cani nell’esposizioni e gare al lavoro su cinghiale. Andando avanti nel tempo alla nostra selezione si è allargata, ed abbiamo anche fornito nel 1999 una muta all’amico Marco Barbanera, che nel 2000 e 2001 si è imposto vincendo in numerose competizioni.
Gianluca Lerda è cresciuto sull'esperienza di suo padre Osvaldo, gran cacciatore. da cui ha appreso le emozioni e le soddisfazioni nell'allevamento di ca
ni da seguita. Nella caccia al cinghiale e alla lepre si è sviluppata la passione per i segugi. con un occhio di riguardo per le razze francesi, pur rispettando e apprezzando quelle di casa. Sono ormai 45 gli anni trascorsi da Osvaldo allevando segugi, 37 con I'affisso Enci dei Lupi del Grana. mentre per Gianluca I'esperienza è di "solo" 15 anni: un tempo non indifferente, poiché impiegato interamente a selezionare e approfondire le doti venatorie delle varie razze. La razza che accompagna Lupi del Grana sin dagli inizi e che non è mai stata abbandonata è il Briquet Griffon Vandéen noto come il vandeano.Inizialmente si era optato per ii Grand Vendéen, un segugio di taglia robusta dalle caratteristiche notevoli nel tracciare e nella voce: successivamente di questo si sono conservate solo alcune linee da riproduzione, ma importanti ai fini dello sviluppo e dell'evoluzione di cani sempre più specifici. Alla creazione di un tipo di cane da seguita diverso si è giunti attraverso i cambiamenti avvenuti nella stessa metodica di caccia e per aver portato le battute in terreni sempre più coperti da vegetazione fitta: questo ha imposto segugi più collegati e con buone doti autonome di rientro a fine battuta. Per questo gli accoppiamenti mirati operati nei Lupi del Grana hanno portato alla nascita di Briquet Griffon Vendéen dalla taglia contenuta in 48 cm al garrese per le femmine e 52-55 cm per i maschi. Cani più leggeri e compatti, ben costruiti nel quadrato, capaci di resistere alla fatica.Ma anche ben selezionati caratterialmente. meno testardi dei Grand, più collegati al conduttore/battitore e più inclini al rientro spontaneo. Pur ammettendo che il segugio dal comportamento perfetto non esiste; poiché se è davvero bravo nello scovare il selvatico sarà anche insistente nella seguita, senza demordere se il selvatico viene sbagliato dai cacciatori o se elude del tutto le poste,tuttavia questa selezione offre cani in grado di ritornare alla zona in cui sono stati sciolti e. spesso. persino al carrello da cui sono stati trasportati. Un'importante razza sviluppata nei Lupi del Grana è I'Ariégeois. La selezione è iniziata nel 1990, con notevoli sforzi per individuare e isolare qualità precise come la tagiia, ricercando nelle linee di sangue originarie della razza i caratteri del Briquet Ariégeois più che quelli del Gascoin. Si è giunti ad un segugio leggero di taglia media, con altezza al garrese tra 48 e 55 cm. con buone doti di rientro. più ricco di iniziativa nella cerca dell'usta, concreto nella risoluzione dei falli e delle doppie sulla lepre in grado di trovare sempre il filo che dal maneggio porta al covo del cinghiale. Molti soggetti, inoltre, evidenziano una dote olfattiva notevole nel rilevare tracce vecchie di ore senza lasciarsi ingannare e risalendo sicuri alla lestra del cinghiale o al covo della lepre. Nel Briquet Ariégeois è molto accenluata l'iniziativa nella cerca mentre la seguita è assai veloce. spesso incalzando l'animale da vicino, rivelando anche ottime doti di abbaio a fermo sul cinghiale. Morfologicamente diverso dal Vandeano. ii Briquet Ariégeois ha pelo più raso, che lo rende adatto a terreni asciutti e rocciosi ,mentre il primo trova collocazione ottimale in zone fredde e natura impervia e boscosa. Mentre il Vandeano è un ausiliario ottimale per specializzazione a senso unico (cinghiale), il Briquet Ariégeois è più versatile. in grado di dare eccellenti risultati in tutte e due le forme di caccia. Osvaldo e Gianluca. forti della lunga esperienza di allevatori e conduttori. suggeriscono comunque di specializzare sempre i segugi facendo loro avere contatto con una preda e una forma di caccia precisa, considerato che proprio attorno ai 7 anni d età I'ausíliario matura e completa attraverso le esperienze il proprio addestramento ed è in grado di operare anche come capomuta. Per presentare con completezza Lupi del Grana occorre citare, infine. l'Anglo Francese de Petit Venérie, un segugio scaltro e veloce, dotato di carattere che lo rende capace di fronteggiare il cinghiale a fermo con correttezza, ma anche dotato di iniziativa come scovatore sulla lepre. Un cane di grande prestanza fisica. instancabile, dotato di un eccellente senso d'orientamento. ideale per un aaàestramento specifico verso la lepre o il cinghiale. Un'ultima nota riguarda la selezione genetica sui tratti caratteriali, cui Osvaldo e Gianluca Lerda tengono molto. I segugi dei Lupi del Grana sono tutti soggetti equilibrati senza timore dello sparo, ma occorre ricordare. sottolineano i due allevatori, che I'approccio al fucile deve comunque avvenire in modo intelligente. collegando lo sparo al ritrovamento del selvatico abbattuto, portando il cane non solo a non avere timore, ma ad acuire invece l'attenzione e l'eccitazione al momento in cui avverte un colpo.