Massimo Scheggi non c’è più. Inutile girarci attorno, trovare belle espressioni, far finta che non sia così. La verità purtroppo è questa nella sua cruda realtà. Un altro duro colpo dopo che poco tempo fa anche un altro amico, Francesco Parducci, che ricordiamo in questo stesso numero, ci aveva lasciati. Nel suo caso, per quel poco che serve, eravamo in un certo modo preparati. Con Massimo no.
Se ne è andato all’improvviso, un sabato dello scorso novembre. Negli ultimi _:orni aveva lamentato qualche problema di salute, ma tutto sembrava risolto per il meglio, tanto che ci permettevamo di scherzarci sopra.
Proprio per i postumi di quei disturbi aveva dovuto rinunciare ad essere dei nastri per prendere parte ad una eacciarella al cinghiale, un’altra delle sue tante passioni. Ed è proprio quando abbiamo acceso i telefoni tornando alla casa di caccia che abbiamo saputo. Inutile dire che la notizia ci ha lasciato tutti impietriti. E quando dico tutti intendo veramente tutto il nostro mondo, nel quale Massimo era una presenza forte e rappresentativa. Se mai ce ne fosse stato bisogno, a provarlo sarebbero sufficienti le telefonate ricevute in questi giorni e la rapidità con cui si è diffusa la notizia, portando con sé un dolore e uno sgomento difficili persino da immaginare.
II suo impegno per la scuola, il suo lavoro, per la caccia, per la cinofilia, il suo ruolo in Federcaccia, dove per anni ha retto importanti incarichi dirigenziali… i suoi tanti interessi, come l’ornitologia, la letteratura, l’amore per le tradizioni di Firenze, la sua città…
il vuoto che lascia è enorme. Per molti, in particolare per noi di Diana – che prossimamente lo commemorerà in maniera ufficiale – sarà difficile non poter contare più sulla sua collaborazione, assolutamente impossibile
godere più della sua amicizia. L’ultima volta che ci eravamo sentiti, lui convalescente, pochi giorni prima di andarsene per sempre, mi aveva salutato con una promessa: «La stagione non è ancora finita. Adesso torniamo a caccia insieme… ».
Lo sapeva quanto mi piaceva cacciare con lui e con i suoi cani e appena possibile me lo proponeva, con quei suoi modi bonari. Siamo stupidi, noi uomini, e per un malinteso senso di «virilità» certe cose non ce le diciamo, ma credo che provasse dell’affetto per me, che a volte trapelava, magari con una carezza sul callo, un po’ paterna, un po’ burbera, come quelle che faceva ai suoi bracchi e con uno spontaneo «Non fare i’ bischero…» in risposta a qualche mia uscita poco ortodossa. Certo io gli ero affezionato e, come sempre, adesso lo dico a chi in fondo non interessa, ma non l’ho mai detto a lui. Spero tu sia a caccia adesso, Massimo, lo spero davvero. Meglio, ne sono convinto, perché
eri un uomo buono e se c’è un Paradiso a te è toccato di sicuro. Certamente sarai con i tuoi bracchi. E quando sarà, presto o tardi, spero manterrai la promessa che mi hai fatto. Ciao Massimo, non mi riesce di continuare. Mi mancherai. Anzi, manchi già a tutti noi, perché quello che ho scritto io lo pensano
tutti gli amici di Diana e tutti coloro che ti hanno conosciuto.
Marco Ramanzini
articolo tratto dalla rivista “Diana Caccia”